Riassunto del video
- A questo punto dell’anno i mercati di Stati Uniti, Regno Unito ed Eurozona sono meno ottimisti riguardo a tempistiche ed entità dei tagli dei tassi; tuttavia, sembra che la situazione stia per cambiare.
- La BCE ha chiaramente preannunciato un primo taglio a giugno.
- Nel Regno Unito, le speranze di un taglio a giugno si sono riaccese alla luce di un’inflazione destinata a scendere sotto il target nei prossimi mesi.
- Di recente, i principali dati sull’inflazione statunitense sono peggiorati e rimane importante seguire con attenzione i prossimi dati sull’occupazione.
- Alla luce di tassi nominali fermi, i tassi reali sono aumentati a causa del calo dell’inflazione: le banche centrali dovrebbero essere prudenti verso un inasprimento delle condizioni e procedere, invece, a un taglio dei tassi.
Nel corso dell’anno, i mercati di Europa, Regno Unito e Stati Uniti sono diventati sempre meno fiduciosi circa l’entità e la tempistica dei tagli dei tassi d’interesse, anche se ciò non ha frenato la forte crescita dei titoli azionari. All’inizio dell’anno, si supponeva che tutte e tre le banche centrali – FED, BCE e BoE – avrebbero operato all’incirca gli stessi tagli, ovvero 50 punti base entro giugno. Da allora, nonostante le grandi differenze nelle rispettive economie, le stime sono rimaste simili. Adesso, dato che le banche si muoveranno probabilmente a scatti di un quarto di punto, le probabilità di un taglio a giugno differiscono notevolmente: 100% per la BCE, poco più del 50% per la Fed e per la BoE una percentuale nel mezzo tra le due.
Durante la conferenza stampa di marzo, la Presidente Lagarde è arrivata quasi ad impegnarsi per un taglio dei tassi a giugno. Per quanto riguarda la BoE, mentre a gennaio era venuta meno la possibilità che si tagliasse a giugno, adesso la situazione si è ribaltata. Infatti, gli economisti si sono resi conto che l’inflazione britannica è destinata a scendere al di sotto dell’obiettivo nei prossimi mesi e a rimanere vicina all’obiettivo per un anno o più. A sostenere un ritardo nel primo taglio è anche l’incertezza sull’inflazione salariale nel Regno Unito, che parte già da una base elevata e che probabilmente sarà sostenuta dall’aumento del 10% del salario minimo in previsione per questa settimana. Negli Stati Uniti, mentre i principali dati sull’inflazione si sono deteriorati nell’ultimo periodo, il mercato del lavoro si è dimostrato solido. A tal proposito, sarà fondamentale il rapporto sull’occupazione in uscita venerdì 5 aprile, in particolare per il tasso di disoccupazione, visto l’enorme afflusso di lavoratori stranieri non autorizzati, che ha generato, a sua volta, un rialzo degli affitti – che pesano per il 36% dell’IPC statunitense, oltre 4 volte il rispettivo peso in Europa e nel Regno Unito.
Ad ogni modo, continua ad esserci una buona ragione per cui le banche centrali dovrebbero iniziare a tagliare i tassi: evitare un irrigidimento della politica monetaria. Dopo aver mantenuto i tassi ufficiali nominali fermi per almeno 6 mesi, i tassi reali sono aumentati a causa del calo dell’inflazione reale e prospettica. Il passaggio dal quantitative easing (QE) attraverso i titoli di Stato al quantitative tightening (QT) ha inoltre esacerbato questo effetto. L’errore delle banche centrali è stato quello di pensare che la loro politica fosse restrittiva quando hanno iniziato ad alzare i tassi dai livelli bassissimi, due anni fa. Tuttavia, con l’impennata dell’inflazione, i tassi reali sono scesi. Adesso le banche centrali dovrebbero evitare di commettere l’errore inverso. Sebbene il primo taglio di questo ciclo sarà oggetto di discussioni e polemiche, sarà anche quello più semplice, mentre il ritmo dei tagli successivi sarà più problematico.